L’attuale presidente Donald Trump
ha il merito di mostrare definitivamente, soprattutto ai più caparbi filoatlantici,
il vero volto USA dietro la propaganda. Un paese giovane, quindi nella sua età
barbara, una costola della millenaria civiltà mediterranea, un surrogato improbabile
e fanatico con velleità da neo imperialismo romano. La Dichiarazione d'Indipendenza
ed i suoi nobili principi sono un corpo estraneo al paese, ideali d’ispirazione
europea che mai hanno avuto reale cittadinanza su quel suolo. La vera America a
stelle e strisce, quella brandita orgogliosamente dalle bandiere esposte fuori
da ogni casa, è quella del far west:
prepotente, rozza e violenta. È stato lo stesso vicepresidente USA, J. D. Vance, che parlando di Trump lo ha
definito "un nuovo sceriffo in città". L’America profonda rivendica
di essere pervicacemente quello della caccia agli indiani e della corsa all’oro.
Un paese del genere, dove, ancora oggi, è possibile per chiunque comprare facilmente
un’arma per farsi giustizia da solo, dove vige la pena di morte, non è ancora un
paese civile e non ha mai potuto dare lezioni di diritto e democrazia a nessuno
in Occidente. È un paese che, da più di mezzo secolo – con il nostro silenzio
ignavo -, commette impunemente crimini in giro per il mondo, dal sud America al
Medio Oriente, per perseguire cinicamente i propri interessi. Purtroppo ha
assunto un peso specifico tale sullo scacchiere mondiale che non è possibile ignorarlo.
Ce l'ha perché, nel mondo cosiddetto avanzato, è stato imposto ed ha prevalso
il suo modello di società dove contano anzitutto il denaro, il business, la
finanza, il mercato. Ma il gigante oggi ha i piedi d’argilla, sopraffatto dalla
Cina. In una fatale nemesi, è divenuto vittima della globalizzazione e delle
spietate leggi del capitalismo che egli stesso, più di chiunque altro, ha diffuso
ad ogni latitudine. La minaccia dei dazi sono la reazione di un bullo in
difficoltà. Trump ha letteralmente detto che gli altri paesi lo chiamano per
“baciargli il culo” al fine di scongiurare la sua politica economica
protezionistica. Ebbene, l’Europa di Kant, di Michelangelo e Shakespeare ha il
dovere di “mandarlo a fanculo”. L’autoritarismo trumpiano e la situazione
politica internazionale odierna offrono al vecchio continente una possibilità
irripetibile: smarcarsi dalla condizione di sudditanza in cui è stato costretto
e immaginare un futuro diverso per sé stesso e, dunque, per il mondo intero.
Per liberarsi finalmente dal
giogo e da una ferale subalternità, bisogna cambiare completamente paradigma. Sul
piano meramente quantitativo l’Europa non può competere contro colossi come gli
USA e la Cina. Se ti siedi al loro tavolo da gioco hai già perso; se gli lasci
dare le carte continuerai ad essere un comprimario: per primeggiare bisogna
imporre nuove regole. L’Europa si faccia quindi strumentalmente promotrice di
una revisione qualitativa del capitalismo attuale e del messaggio che il
capitalismo per il capitalismo ha fallito - oltre ad essere profondamente
ingiusto e antidemocratico, così com’è è insostenibile. Per farlo essa ha un
solo grande futuro: dietro di sé. Si riappropri della sua Storia, del suo
immenso patrimonio di civiltà sedimentato nei millenni, per guidare un nuovo
umanesimo. Ad indicare la strada fu, paradossalmente, un potenziale
presidente degli Stati Uniti, quel Bob Kennedy che fu infatti assassinato per
le sue idee incendiarie. L’Europa deve farsi carico del suo “Discorso sul PIL”
e proporre al mondo intero una nuova stagione dei popoli. Solo lei, affacciata
sul Mediterraneo, utero delle civiltà moderne e democratiche, ha l’autorevolezza
e la forza di indicare una via alternativa. Saboti dunque il meccanismo
perverso dei blocchi contrapposti, USA contro URSS e Cina, esca dalla morsa che
la stritola, emancipandosi e stabilendo una terza via, la sua. Il Covid, la crisi
climatica, la guerra Ucraina ci rammentano che il mondo è più che mai
interconnesso e che gli interessi di parte devono fraternamente convergere
verso il bene comune. Per recuperare l’autorità, al fine di risultare
credibili, bisogna innanzitutto smontare la retorica occidentalista e la nostra
presunta superiorità morale verso le altre regioni del mondo. L’Europa, che
tanto ha fatto per il progresso dell’umanità, è anche Aushwitz, le leggi
razziali, i fascismi, il colonialismo; la NATO è anche il bombardamento di Belgrado,
l’Iraq e altre nefandezze. Per il resto del mondo siamo, a giusta ragione, dei
predatori. Parlare un linguaggio di verità è l'imprescindibile primo passo per
non precipitare irrimediabilmente verso il baratro, gli uni contro gli altri
armati.
E ad agire all’unisono in tale direzione deve essere la società che si dice civile. Nulla di buono può venire dalle classi politiche attuali, responsabili di questa situazione, corrotte umanamente e materialmente, asservite al potere finanziario e al protrarsi delle rendite di posizione. Oltre al macabro video tutorial interpretato dalla Commissaria europea per la gestione della crisi Hadja Labhib con il kit di sopravvivenza, nella relazione annuale sull'Attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune si invitano addirittura i paesi membri a "mettere a punto programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani, volti a migliorare le conoscenze e a facilitare i dibattiti sulla sicurezza, la difesa e l'importanza delle forze armate [...] e a mettere a punto programmi di formazione dei formatori e di cooperazione tra le istituzioni di difesa e le università degli Stati membri dell'UE, quali corsi militari, esercitazioni e attività di formazione con giochi di ruolo per studenti civili". Dunque si progettano una scuola e un'università come luoghi di indottrinamento bellicista e non più di tolleranza, con corsi pensati ad hoc per trasformare le nuove generazioni in redivivi giovani balilla. Per fermare questa deriva politica bisogna armare l’opinione pubblica dal basso contro i propri governi guerrafondai, smascherare le lobby mondiali, gli affaristi, gli sciacalli, boicottare chi ci vorrebbe tutti sudditi del mercato che ci detta quotidianamente chi siamo e cosa desideriamo, lottare per la scuola pubblica e contro la mercificazione della cultura. Piuttosto che insegnare ai nostri figli come e perchè difenderci da potenziali nemici, insegnamogli come e perchè tessere relazioni e imbastire un dialogo di pace. Dove altri vorrebbero trincee, noi costruiamo ponti. Bisogna innanzittutto educare alla Bellezza, insegnare nelle scuole che il Denaro non è Dio, che essere vale più che possedere, che non tutto ha un prezzo; bisogna non denigrare la ricchezza, ma coltivare il benessere; non elogiare il pauperismo, ma promuovere la condivisione. Così come il digiuno intermittente rigenera l'organismo liberandolo dalle tossicità generate dagli eccessi, ristabilendo un equilibrio fisiologico più sano, anche il sistema economico capitalistico mondiale — con la sua crescita incessante, vorace e disordinata — ha bisogno di una riflessione rigenerativa. Un tempo di rallentamento consapevole, per ripensare le priorità, ridurre gli sprechi, ristabilire giustizia e sostenibilità. Bisogna ritrovare il senso della misura nel rapporto tra noi e il mondo che ci circonda. Una decrescita che non sia rinuncia sterile, ma scelta consapevole per un benessere più autentico e duraturo.
In questo senso l’Europa può rivendicare
e riprendersi il proprio ruolo da protagonista, guidando una rivoluzione
epocale che disinneschi le criticità geopolitiche attuali. Potremmo tornare ad
essere il faro del mondo e non vivere di riflesso, come facciamo oramai da
troppo tempo. Un’Europa di nuovo padrona del proprio destino, fiera e
orgogliosa delle proprie radici e della sua storia millenarie, paladina del
multilateralismo, dal Giappone alla California, dal Sud Africa alla Siberia,
che costruisce ponti con l’Oriente, la Russia e i paesi Brics e non frontiere
armate come vorrebbero gli USA - “Divide
et impera” e “Panem e circenses”
li hanno inventati i Romani e non possiamo più farci perculare da dei patetici
cowboy. Questi, dopo scomposti tentativi di ostacolare una tale politica
inclusiva, alla fine non potrebbero che reclamare anch’essi un posto al tavolo,
pressati da un’opinione pubblica interna crescente, perché nessun paese, seppur
grande, è un’isola. Isolare il capitalismo predatorio e immorale di Wall Street
a favore di un capitalismo etico è possibile. Ce lo chiedono le future
generazioni, e, se non bastasse, il pianeta che ci ospita. Secondo i dati
forniti dal Global
Footprint Network, se tutta l’umanità vivesse con lo stile
di vita e il consumo di risorse degli Stati Uniti, servirebbero circa cinque pianeti
Terra per sostenerla. Lo zio Sam si è ingozzato abbastanza a scapito
di tutti gli altri. Trump ci sta offrendo l’irripetibile opportunità di
decolonizzarci dagli USA, cogliamola: il grande sogno americano è un bluff sul
tavolo da gioco del mondo, “quella libertà e quell’immaginario sono falsi e
dannosi” come ha scritto Elisabetta Ambrosi sul Fatto Quotidiano.
Si acceleri, dunque, il processo
che porta agli Stati Uniti d’Europa e alla costituzione di un esercito europeo,
di concerto con il rilancio degli organismi internazionali nati dalle ceneri
della Seconda Guerra Mondiale come l’ONU e la Corte Internazionale di
Giustizia. Si crei una fascia di paesi neutrali al confine con la Russia, da
nord a sud, compresa la martoriata Ucraina, affinché non ci consideri più come
una minaccia. Come logica conseguenza si sciolga la NATO, per scardinare
dall’interno e in modo definitivo la logica perversa dei blocchi contrapposti. I nobili principi della Carta
europea dei Diritti fondamentali diventino la guida del nostro agire. Per
uscire dall’incubo distopico in cui siamo precipitati, bisogna sognare.
Chi si scandalizza delle
richieste onerose di Trump all'Ucraina per il sostegno ricevuto alla propria
lotta di resistenza, dimentica che anche noi abbiamo firmato la nostra sanguinosa
cambiale agli Stati Uniti d'America per il loro intervento nel secondo
conflitto mondiale. Gli abbiamo fatto da zerbini con le basi sul suolo europeo,
abbiamo tollerato i loro loschi affari e le loro guerre al fosforo bianco, abbiamo mangiato
i loro sudici hamburger e ci siamo addirittura coperti di ridicolo nei film
premiati con l’Oscar, facendo arrivare i carrarmati statunitensi a liberare i
campi di concentramento polacchi. Essere riconoscenti non significa essere
sudditi. Non è ingratitudine e nemmeno lesa maestà: quella cambiale, oggi, è pagata.

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