martedì 25 aprile 2017

Il 25 aprile non è una festa

I morti non sono tutti uguali. Lo possono essere umanamente, ma per la Storia no. La Storia è un po' più seria degli uomini. I partigiani e i morti di Salò erano, entrambi a loro modo, in buona fede, ma su fronti opposti: gli uni nel giusto, gli altri in errore, un tragico errore.  E la Storia non può fare sconti. Il 25 aprile è giusto omaggiare i primi e ricordare i secondi, ma non confonderli. Il ricordo e la memoria con il tempo affievoliscono e i contorni dei fatti possono, pericolosamente, smussarsi; ma questo è un pericolo che bisogna assolutamente scongiurare, perché, quanto accaduto circa settanta anni fa, è ancora attuale, e quella tragica lezione non è servita. Basta guardare ciò che accade nel mondo.  Ci sono ancora tiranni votati "plebiscitariamente", c'è ancora chi soffia sulle paure e costruisce ghetti. C'è ancora bisogno di battersi e di difendersi. Anche da quelli che, meno di un secolo fa, sono stati vittima della Storia, gli ebrei. Oggi tra gli aguzzini ci sono anche loro. Oppressori dei palestinesi, e anch'essi per nome di una ideologia di morte, la religione. Quindi il 25 aprile non è "la festa della liberazione", ma il rinnovamento di una professione di lotta contro tutte le ingiustizie sociali.
Sarà una festa quando ci libereremo per sempre dei tiranni e delle discriminazioni, delle sopraffazioni e dei mostri che ci portiamo dentro.





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