Capita, in un'afosa
mattina di luglio, di ingarellarsi con un giornalista di un noto network
automobilistico nei commenti a margine di un video di YouTube. Motivo del
contendere la pubblicazione da parte della testata giornalistica del
"primo contatto" della Lotus Eletre, "hyper SUV di oltre 5
metri, con un peso sulla tara di oltre 2 tonnellate, ma, soprattutto, a trazione
elettrica", appena presentato. Ad indurmi a contestare il tono
encomiastico del video - più correttamente, sarebbe giusto dire a costringermi
- è stata la chiosa al pezzo del giornalista: "Alcuni ingegneri Lotus, mi
hanno raccontato durante questo evento di Oslo, come il figlio di Colin, Clive,
avesse scoperto negli anni passati bozzetti e tracce di una Lotus familiare
esclusiva, insomma una progenitrice della Eletre".
Non ho saputo esimermi dal commentare quanto non sia degno di una testata giornalistica seria citare fantomatici bozzetti di Colin Chapman, riguardo una "familiare esclusiva", per giustificare l'oltraggio che la holding cinese Geely Holding Group (che ha acquistato il marchio nel 2017) sta facendo alla memoria di ciò che ha rappresentato il marchio Lotus nella storia dell'automobilismo. Si cerca forzatamente di tessere un filo con il passato Lotus, ma, in realtà, quel filo è stato maldestramente spezzato. Come me presuntuosamente credo la pensano in tanti, di certo i fortunati possessori di una Elise oppure di una Exige (per un brand ha ancora un valore il parere dei suoi storici clienti?).
Casomai - ho suggerito -, nell'era dei SUV, un servizio automobilistico interessante sarebbe andare
alla ricerca di quei bozzetti, per vedere come Chapman avesse declinato il suo
emblematico "less is more" anche in quel caso. Ma, forse,
questo è chiedere troppo, nell'era in cui anche il giornalismo è in
"evoluzione". La coda velenosa al mio commento è stata che una cosa è
raccontare il cambiamento in atto, un'altra è condividerlo; ammenoché, da parte
delle testate giornalistiche del settore, non vi sia un tornaconto.
Se esse non assecondano tali prodotti in modo interessato è anche peggio, perché ciò
significa che avallano concettualmente queste bieche operazioni industriali. Sicuramente è riscontrabile una certa ipocrisia: chi fa queste prove su strada non è libero di stroncare un'auto. Questi network devono dar conto alle case automobilistiche che, altrimenti, non gli darebbero più nuovi prodotti da recensire in anteprima. Non a caso, per ascoltare recensioni originali e fuori dal coro sulla rete, bisogna affidarsi a creator indipendenti. L'incoerenza dei giornalisti
prezzolati si palesa poi puntualmente nelle videorecensioni
entusiastiche della Mazda Mx5, nelle quali, unanimemente, si elogiano la sua
purezza analogica e la pervicace resilienza nel panorama automobilistico
odierno. Insomma, credo che tanti orfani del mondo automobilistico passato, di cui la
Lotus era rimasta un'ultima roccaforte, apprezzerebbero una maggiore onestà
intellettuale e coraggio da parte degli addetti ai lavori. Si parla impropriamente di evoluzione, ma sembra piuttosto un nuovismo che non solo non fa bene al giornalismo e all'industria
automobilistica, ma alle nostre vite in genere.
Non si contestano a questo SUV elettrico le sue qualità tecniche e dinamiche, ma solamente il marchio che esibisce sul cofano. Se fosse stato un SUV Volvo non ci sarebbe stato nulla da eccepire. Giustamente si può obiettare che un'auto elettrica, tanto più SUV, è pesante
per definizione, quindi era impossibile non tradire quel principio di
leggerezza divenuto slogan. Ma, appunto, se la Lotus, per l'inevitabile congiuntura
automobilistica, per problemi di omologazione alle nuove normative sulla sicurezza, non aveva più un futuro ed era destinata a sparire, allora era meglio
dedicarle un commosso funerale, magari producendo un'ultima serie
commemorativa delle sue iconiche auto sportive, e poi consegnarla
definitivamente alla storia, piuttosto che mortificare la sua gloriosa memoria.
È triste constatare, invece, che non esistono più templi inviolati, tutto è profanato
in onore al dio denaro, anche la storia e il blasone di un nobile
marchio automobilistico come Lotus. Personalmente auguro
ai cinesi che hanno rilevato il marchio di fallire miseramente nell'impresa di maquillage intrapresa, perché non tutto è in vendita, e di sicuro non lo è la passione. Ed è questo il senso ultimo di queste righe, non un'anacronistica,
se pur romantica, difesa dell'automobilismo di un tempo, ma la salvaguardia di
questo principio sacro.
Colin
Chapman, con il suo geniale integralismo, non avrebbe mai prodotto un'auto come la Eletre rinnegando sé stesso. Piuttosto avrebbe abbassato le serrande e
staccato il telefono. Se bisogna fallire tanto vale farlo con onore.
Personalmente ho solo un grande rammarico, essere
arrivato ad un passo dall'acquisto di una Elise RGB qualche anno fa... sarebbe
stato un investimento clamoroso per la mia vecchiaia.
Nessun commento:
Posta un commento