domenica 7 ottobre 2018

Le dune di Sabaudia e Salvini


I fascismi non nascono dal nulla, ma dalla degenerazione e dal fallimento del socialismo democratico. Sono sempre stati il rigurgito reazionario, scomposto e plebiscitario a profonde crisi economico-sociali. Una dinamica storica che si ripete ciclicamente: lotte sociali, benessere, lassismo, corruzione, crisi, fascismo, resistenza, lotte sociali… e così via.
Governare questa dinamica è la sfida - e il dovere - delle istituzioni democratiche da sempre. L’antidoto è scardinare la relazione perversa tra benessere e lassismo attraverso il filtro della cultura e l’istruzione di massa, promuovendo così un progressismo umanista che non demonizzi il profitto e, al contempo, non disumanizzi il lavoro (un benessere a misura d’uomo scevro da conflitti). La crisi identitaria delle sinistre moderne – storicamente impreparate a governare il benessere – nasce invece dall’essere rappresentate da una cultura e una istruzione elitarie e dirigiste, basate su una omologazione de facto e l’ipocrisia di avere il portafoglio gonfio e la coscienza comunque apposto.
L’unico deficit assorbibile e sostenibile potenzialmente all’infinito da una paese è quello a favore della cultura e l’istruzione pubblica. Il peccato originale dei governi progressisti passati è stato di non aver fatto profonde riforme al riguardo quando sono state al governo. La finanza si governa dalle scuole, non dalle borse. Tale equivoco genera il sospetto e rompe il legame con le masse, favorendo la corruzione nel corpo morto dello stato.
Pasolini, Cassandra dei nostri tempi, profetizzò in pieno boom economico quanto sta accadendo ai giorni nostri. Oggi ci tocca la resistenza civile, tra il nuovo che avanza e la deriva fascista che ritorna. Eppure basterebbe il partito del buon senso per governare il futuro.



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