Il tema è come un Partito moderno “Democratico” affronta la
crisi attuale della politica rappresentativa. Il M5S si è defilato, rigettando
aprioristicamente la politica rappresentativa – affidandosi al movimentismo “dal
basso” -, la Lega di Salvini segue una linea (deriva) plebiscitaria – seguendo il berlusconismo.
Crisi della democrazia rappresentativa che nasce dall’abbattersi nel dibattito politico della comunicazione social; comunicazione che, naturalmente ed
inevitabilmente, favorisce il linguaggio ed i contenuti propri dei populismi
(nelle sue diverse accezioni, si vedano M5S e Lega).
Ahinoi la sinistra di Renzi ha seguito anch’essa la rotta (facile) berlusconiana.
Incapace di innovarsi e di contrastare la crisi sociale ed economica ormai in
atto da decenni, ha finto di combattere l’universo berlusconiano fin dalle sue
prime apparizioni, trovando in esso, invece, il più fidato alleato, unica
ragione condivisa di lotta. Questa incapacità di proposta e di autocritica ha
portato addirittura a scimmiottare il berlusconismo partorendo il renzismo, brutta
copia di un tema osceno e sgrammaticato di suo. Un nervo scoperto della
sinistra, arrogante e pretenzioso, vero argine al doloroso e serio dibattito
che andrebbe fatto da ciò che resta della classe dirigente di sinistra oggi sul
tema della democrazia rappresentativa nel tempo dei social media. Invece, la corrente maggioritaria della sinistra italiana "mangia pop-corn".
La pantomima di questi giorni dell’ultima assemblea del Pd è imbarazzante.
Accapigliarsi per e sul nulla. Si strilla, si fanno distinguo interminabili,
senza rendersi conto che non ci sono più elettori (e poltrone) da spartirsi. Matteo
Renzi cammina - da sempre - con il mento alto e l’andatura arrogante, ed ai congressi PD è il più acclamato. Alla fine
del suo intervento, la maggior parte della sala l’ha applaudito alzandosi in
piedi. Forse la questione a sinistra non è più politica - da un bel po’ -, è
psichiatrica.
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