domenica 14 giugno 2015

L'uomo nero... e quel giorno uccisero la felicità



Intanto un fatto: l’Europa politica non esiste. Quando sta accadendo sul fronte profughi è la dimostrazione plastica che, al meglio, è una operazione miseramente fallita, con buona pace dei sommi statisti che l’hanno sostenuta e voluta; al peggio, è una vera è propria truffa perpetrata ai danni di tutti i cittadini - in tutta coscienza, in proposito, mi dichiaro sanamente pessimista anche per il futuro -. Ciò che esiste certamente è invece un grumo di interessi economico-finanziari senza bandiera e, soprattutto, apolitica, che detta il canovaccio da seguire. Caduto il muro, le ideologie, sempre più affievolite, hanno finito di gravitare potere attorno a sé, e questo, mutando pelle, si è emancipato dal teatrino della politica fino a rendersi del tutto indipendente da essa (quella che si fa a Strasburgo o al FMI è ragioneria, non politica). Un gioco di prestigio degno delle più raffinate menti massoniche, dove un gruppo di persone, spesso non si sa da dove venute e da chi votate, decide del destino di intere nazioni (vedi Grecia). Capita così che, quando bisogna passare la mano dal portafogli al cuore, l'ipocrisia e l’inadeguatezza di fondo si palesano  candidamente e chi governa si scopre impotente.



Coerente con la propria natura, la politica irresponsabile, incapace di dare risposte al dramma dell’immigrazione africana, casomai ci specula per il proprio profitto (anche venale), a più livelli. In uno scenario politico internazionale in caotica mutazione, alla ricerca isterica di un diverso blocco socio-politico che duri, i rigurgiti di estrema destra certamente se ne avvantaggeranno. Hollande e Cameron lo sanno bene, questo spiega la loro intransigenza. Fare leva sulle pulsioni o le paure della gente è il modo più semplice e meschino per creare consenso che ha a disposizione la mala-politica. Si aggiunga che oggi, nell’era dei social network, il qualunquismo è stato sdoganato definitivamente come verbo totale. I romani dicevano “Divide et impera”; non so quanto coscientemente i politici nostrani applichino questa formula riguardo all’emergenza rom, profughi etc., di certo sanno che la retorica “dell’uomo nero” ha sempre funzionato, ce la inculano da bambini. L’uomo nero fa paura perché incarna il diverso, e tutto ciò che è diverso, o che non comprendiamo, ci fa paura. La paura è sempre figlia dell’ignoranza. Non a caso per costruire muri siamo tutti capaci, mentre per costruire ponti bisogna essere ingegneri. La Storia, soprattutto, non insegna mai, perché la gente, si sa, ha la memoria corta - e questo è uno strumento potentissimo in mano al potere -. Riguardo ai respingimenti francesi alla frontiera ci si dimentica, ad esempio, che proprio la Francia decise unilateralmente nel 2011 di bombardare la Libia, poi seguita dalla Gran Bretagna, e di uccidere Gheddafi, destabilizzando una intera area con i risultati che vediamo oggi nel mar Mediterraneo. A sfogliare la Storia meno recente invece si capisce un po’ meglio il quadro generale africano, chi sono quei disperati che affollano i nostri telegiornali e, soprattutto, perché non hanno altra scelta che consegnare il proprio destino al mare.


Una storia, tra le altre, è emblematica, e, guarda caso, ha come protagonista proprio la Francia - che, anche qui vale la pena ricordare un po’ di storia, sono quelli di Liberté, Égalité, Fraternité -. Thomas Sankara è stato il giovane presidente del Burkina Faso, dall’agosto del 1984 all’ottobre 1987. Indicato come il “Che Guevara africano”, riuscì durante il suo breve mandato nel miracolo di assicurare del cibo giornaliero a tutti i suoi concittadini in una regione poverissima, oltre a promulgare diritti civili e creare opere pubbliche fondamentali per il proprio paese. L'unica sua colpa, che segnò la sua condanna, fu quella di teorizzare il panafricanismo, l’unione di tutti gli Stati e i popoli africani contro le speculazioni Occidentali, per liberarsi dal giogo del debito come strumento di ricatto verso quelle nazioni (ricorda qualcosa?) e sfruttarne così le risorse naturali. Venne tradito e assassinato da alcuni suoi uomini per far insediare al suo posto il Ministro della Giustizia Blaise Compaoré, amico della Francia e signore incontrastato di quel paese fino all’ottobre del 2014, quando è stato costretto a dimettersi da una sommossa popolare. Il bellissimo e commovente documentario del giornalista Silvestro Montanaro “E quel giorno uccisero la felicità” vale più di tante parole.
È una vicenda emblematica, sconosciuta ai più, che chiarisce il contesto africano, chi sono le vittime e chi i carnefici di questa epocale migrazione in atto, chi gli sfruttati e chi gli sfruttatori. Perché in questo marasma di dibattiti giornalieri tutto si confonde e si dissimula, mentre le responsabilità Occidentali (comprese quelle dell’Italia e i suoi secolari interessi nel nord Africa) sono enormi. Stiamo semplicemente conoscendo sulla nostra pelle, e fuori dalle nostre case, il tragico effetto delle nostre politiche coloniali dissennate e criminali di decenni, se non, addirittura, di secoli. E la pochezza della classe politica odierna non fa essere ottimista riguardo alle soluzioni che verranno adottate.


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