Intanto un fatto: l’Europa politica non esiste. Quando sta accadendo sul fronte profughi è la dimostrazione plastica che, al meglio, è una operazione miseramente fallita, con buona pace dei sommi statisti che l’hanno sostenuta e voluta; al peggio, è una vera è propria truffa perpetrata ai danni di tutti i cittadini - in tutta coscienza, in proposito, mi dichiaro sanamente pessimista anche per il futuro -. Ciò che esiste certamente è invece un grumo di interessi economico-finanziari senza bandiera e, soprattutto, apolitica, che detta il canovaccio da seguire. Caduto il muro, le ideologie, sempre più affievolite, hanno finito di gravitare potere attorno a sé, e questo, mutando pelle, si è emancipato dal teatrino della politica fino a rendersi del tutto indipendente da essa (quella che si fa a Strasburgo o al FMI è ragioneria, non politica). Un gioco di prestigio degno delle più raffinate menti massoniche, dove un gruppo di persone, spesso non si sa da dove venute e da chi votate, decide del destino di intere nazioni (vedi Grecia). Capita così che, quando bisogna passare la mano dal portafogli al cuore, l'ipocrisia e l’inadeguatezza di fondo si palesano candidamente e chi governa si scopre impotente.
Una storia, tra le altre, è
emblematica, e, guarda caso, ha come protagonista proprio la Francia - che,
anche qui vale la pena ricordare un po’ di storia, sono quelli di Liberté,
Égalité, Fraternité -. Thomas Sankara è stato il giovane presidente del Burkina
Faso, dall’agosto del 1984 all’ottobre 1987. Indicato come il “Che Guevara
africano”, riuscì durante il suo breve mandato nel miracolo di assicurare del
cibo giornaliero a tutti i suoi concittadini in una regione poverissima, oltre
a promulgare diritti civili e creare opere pubbliche fondamentali per il proprio paese. L'unica sua colpa, che segnò la sua condanna, fu quella di teorizzare il
panafricanismo, l’unione di tutti gli Stati e i popoli africani contro le
speculazioni Occidentali, per liberarsi dal giogo del debito come strumento di
ricatto verso quelle nazioni (ricorda qualcosa?) e sfruttarne così le risorse
naturali. Venne tradito e assassinato da alcuni suoi uomini per far insediare
al suo posto il Ministro della Giustizia Blaise Compaoré, amico della Francia e
signore incontrastato di quel paese fino all’ottobre del 2014, quando è stato
costretto a dimettersi da una sommossa popolare. Il bellissimo e commovente
documentario del giornalista Silvestro Montanaro “E quel giorno uccisero la
felicità” vale più di tante parole.
È una vicenda emblematica,
sconosciuta ai più, che chiarisce il contesto africano, chi sono le vittime e
chi i carnefici di questa epocale migrazione in atto, chi gli sfruttati e chi
gli sfruttatori. Perché in questo marasma di dibattiti giornalieri tutto si
confonde e si dissimula, mentre le responsabilità Occidentali (comprese quelle
dell’Italia e i suoi secolari interessi nel nord Africa) sono enormi. Stiamo
semplicemente conoscendo sulla nostra pelle, e fuori dalle nostre case, il
tragico effetto delle nostre politiche coloniali dissennate e criminali di
decenni, se non, addirittura, di secoli. E la pochezza della classe politica
odierna non fa essere ottimista riguardo alle soluzioni che verranno adottate.
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