Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione.
(...)
Signora Presidente, onorevoli Deputati, onorevoli Senatori, Signori delegati delle Regioni.
Vorrei innanzitutto esprimere la gratitudine - che Vi debbo - per avermi, con così largo suffragio, eletto Presidente della Repubblica.
Non mi sfugge l'impegnativo compito al quale mi avete chiamato a rispondere. L'Italia vive un periodo di crisi che nasce da lontano. Da nostri atavici e imperdonabili ritardi nel campo delle riforme, che si sommano a una congiuntura internazionale che ha messo, e continua a mettere, a dura prova le economie occidentali. Ma, per quel che attiene a noi italiani, la sfida che abbiamo difronte non è solo di natura economica: c'è da ricostruire un sentire comune nazionale che, da più parti, per biechi interessi di parte, più volte negli ultimi anni, è stato affossato, se non, addirittura, osteggiato. I latini dicevano "divide et impera", e i funzionari del potere oligarchico, che affollano indegnamente queste sale e questi corridoi, ben conoscono questo antico motto. Nessuno si chiami fuori, nessuno può farlo.
L'eterna campagna elettorale nella quale si avvita giornalmente il dibattito politico italiano è inaccettabile, oltre ad essere un delitto verso le sofferenze e le speranze dei nostri concittadini. Si sta cercando faticosamente con la riforma dell'assetto istituzionale di snellire il processo di governo. Ma non è la quantità di dibattito che frena questo paese, ma la qualità del dibattito. Per non parlare dello spettacolo indecoroso, le pagliacciate e le trovate a favore di telecamera, a cui si è dato seguito troppo spesso da questi banchi, che offendono le Istituzioni e la storia italiana. Vi guardo e negli occhi e Vi chiedo: siamo tutti noi degni della storia che quel tricolore orgogliosamente rappresenta? Vale sempre la pena ricordare - e ricordarsi - che nessuno in quest'aula è stato eletto dai cittadini. La legge elettorale, che stiamo per cambiare, ha esautorato il popolo del diritto fondamentale che la Costituzione gli attribuisce: votare i propri rappresentanti in Parlamento. Invece Vi hanno nominati le segreterie di partito e ad esse Voi sentite di dover rispondere con le vostre azioni e votazioni. Ebbene questo vincolo va eliminato, questo scempio io lo ripudio! Auspico che nelle prossime settimane si ripristino le preferenze nella futura legge elettorale. Il politico se non è espressione di un territorio e della sua gente, ma dei capi partito, non è un uomo libero e non può esercitare la sua funzione secondo coscienza. Nella Costituzione è espressamente indicato che non vi è alcun vincolo di mandato.
La banalità di tale riflessione stride con la sfacciata ipocrisia e arroganza del potere, che arroga a se stesso diritti che non ha. Alla lunga, la conseguenza di questa autoreferenzialità della politica, è che il paese si distacca pericolosamente dalla dinamica governativa che si autocelebra nei palazzi, non essendoci più l'albero di trasmissione tra questa e la vita reale. Chi, imprudentemente, minimizza, o addirittura ignora, l'astensionismo dilagante alle elezioni, guardando cinicamente solo al risultato della propria parte, ha perduto il senso dell'agire politico. L'astensionismo è il termometro della disaffezione dei cittadini nei confronti della politica, un campanello d'allarme, e il 50% di astensionismo è un grido che sale dal paese, e una classe dirigente che non si interroga e non prende seri provvedimenti in tal senso è una classe dirigente fallita e indegna.
Cosa fare allora? La storia degli ultimi decenni, con la caduta delle ideologie, ci ha insegnato che le cose buone da farsi non sono né di destra né di sinistra; non è un Governo di sinistra o di destra a fare la differenza, ma un buon Governo da uno cattivo. Il mondo globalizzato ci mette davanti a sfide la cui soluzione scavalca la visione manichea della politica che da più parti si continua a recitare. Oggi questa visione serve unicamente al dibattito interno alla politica per creare consenso e dissenso pilotati. Vi chiedo: davvero il vostro nemico è difronte a Voi? La storia dei nostri partiti di provenienza parrebbe indicare di si; troppe cose ci dividono. Io oggi sono qui per chiedervi di dimenticare noi stessi, se possibile, e di riconoscerci tutti - come fecero i nostri padri fondatori - in qualcosa di più alto e di più nobile delle nostre risibili storie personali: l'Italia. L' eccezionalità della crisi che stiamo attraversando ci chiede lo stesso sforzo e la stessa lungimiranza. I processi politici sono inarrestabili e, nonostante qualcuno remi in direzione contraria per salvaguardare qualche interesse o fazione, questi evolvono. Quello che Vi chiedo è di accelerare queste dinamiche e fare un esame di coscienza: davvero abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità e capacità per risollevare questo paese? Io guardo a destra e vedo insofferenza e lacerazioni interne, e così se guardo difronte a me ed a sinistra. Ma è per l'Italia tutto questo dispendio di energie? Davvero? La corruzione oltre ogni vergogna che c'è - certificata dalla Corte dei Conti a tutti i livelli politici - dice no, non è per l'Italia. Non mi illudo: tra di noi c'è, e ci sarà sempre una mela marcia. Ma se, invece di far appello alla presunzione d'innocenza, incominciassimo a mettere alla porta chi infanga le Istituzioni, saremmo già a metà del guado. Basterebbe riacquistare un minimo di buon senso da parte di tutti. Forse qualcuno, comportandosi rettamente, non vedrà soddisfatte le proprie ambizioni; forse qualcun altro dovrà sacrificarsi più di quanto era disposto a fare.. ma ne sarà valsa la pena, per noi e per i nostri figli.
L'eterna campagna elettorale nella quale si avvita giornalmente il dibattito politico italiano è inaccettabile, oltre ad essere un delitto verso le sofferenze e le speranze dei nostri concittadini. Si sta cercando faticosamente con la riforma dell'assetto istituzionale di snellire il processo di governo. Ma non è la quantità di dibattito che frena questo paese, ma la qualità del dibattito. Per non parlare dello spettacolo indecoroso, le pagliacciate e le trovate a favore di telecamera, a cui si è dato seguito troppo spesso da questi banchi, che offendono le Istituzioni e la storia italiana. Vi guardo e negli occhi e Vi chiedo: siamo tutti noi degni della storia che quel tricolore orgogliosamente rappresenta? Vale sempre la pena ricordare - e ricordarsi - che nessuno in quest'aula è stato eletto dai cittadini. La legge elettorale, che stiamo per cambiare, ha esautorato il popolo del diritto fondamentale che la Costituzione gli attribuisce: votare i propri rappresentanti in Parlamento. Invece Vi hanno nominati le segreterie di partito e ad esse Voi sentite di dover rispondere con le vostre azioni e votazioni. Ebbene questo vincolo va eliminato, questo scempio io lo ripudio! Auspico che nelle prossime settimane si ripristino le preferenze nella futura legge elettorale. Il politico se non è espressione di un territorio e della sua gente, ma dei capi partito, non è un uomo libero e non può esercitare la sua funzione secondo coscienza. Nella Costituzione è espressamente indicato che non vi è alcun vincolo di mandato.
La banalità di tale riflessione stride con la sfacciata ipocrisia e arroganza del potere, che arroga a se stesso diritti che non ha. Alla lunga, la conseguenza di questa autoreferenzialità della politica, è che il paese si distacca pericolosamente dalla dinamica governativa che si autocelebra nei palazzi, non essendoci più l'albero di trasmissione tra questa e la vita reale. Chi, imprudentemente, minimizza, o addirittura ignora, l'astensionismo dilagante alle elezioni, guardando cinicamente solo al risultato della propria parte, ha perduto il senso dell'agire politico. L'astensionismo è il termometro della disaffezione dei cittadini nei confronti della politica, un campanello d'allarme, e il 50% di astensionismo è un grido che sale dal paese, e una classe dirigente che non si interroga e non prende seri provvedimenti in tal senso è una classe dirigente fallita e indegna.
Cosa fare allora? La storia degli ultimi decenni, con la caduta delle ideologie, ci ha insegnato che le cose buone da farsi non sono né di destra né di sinistra; non è un Governo di sinistra o di destra a fare la differenza, ma un buon Governo da uno cattivo. Il mondo globalizzato ci mette davanti a sfide la cui soluzione scavalca la visione manichea della politica che da più parti si continua a recitare. Oggi questa visione serve unicamente al dibattito interno alla politica per creare consenso e dissenso pilotati. Vi chiedo: davvero il vostro nemico è difronte a Voi? La storia dei nostri partiti di provenienza parrebbe indicare di si; troppe cose ci dividono. Io oggi sono qui per chiedervi di dimenticare noi stessi, se possibile, e di riconoscerci tutti - come fecero i nostri padri fondatori - in qualcosa di più alto e di più nobile delle nostre risibili storie personali: l'Italia. L' eccezionalità della crisi che stiamo attraversando ci chiede lo stesso sforzo e la stessa lungimiranza. I processi politici sono inarrestabili e, nonostante qualcuno remi in direzione contraria per salvaguardare qualche interesse o fazione, questi evolvono. Quello che Vi chiedo è di accelerare queste dinamiche e fare un esame di coscienza: davvero abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità e capacità per risollevare questo paese? Io guardo a destra e vedo insofferenza e lacerazioni interne, e così se guardo difronte a me ed a sinistra. Ma è per l'Italia tutto questo dispendio di energie? Davvero? La corruzione oltre ogni vergogna che c'è - certificata dalla Corte dei Conti a tutti i livelli politici - dice no, non è per l'Italia. Non mi illudo: tra di noi c'è, e ci sarà sempre una mela marcia. Ma se, invece di far appello alla presunzione d'innocenza, incominciassimo a mettere alla porta chi infanga le Istituzioni, saremmo già a metà del guado. Basterebbe riacquistare un minimo di buon senso da parte di tutti. Forse qualcuno, comportandosi rettamente, non vedrà soddisfatte le proprie ambizioni; forse qualcun altro dovrà sacrificarsi più di quanto era disposto a fare.. ma ne sarà valsa la pena, per noi e per i nostri figli.
Come dicevo all'inizio di questo intervento, il futuro dell'Italia non passa solo dalla bontà delle manovre economiche, ma dai principi di riferimento che sapremo darci e onorare. La questione italiana è questione morale. Il futuro del paese passa innanzitutto dall'onestà - anche intellettuale - e dall'intransigenza nostra, e se sapremo ridare una dignità alla politica italiana. Gli altri paesi ci rispetteranno davvero solo quando noi riprenderemo a rispettare noi stessi e la nostra storia. Là fuori c'è un mondo che ha voglia di Italia, della sua bellezza, delle sue eccellenze, del suo inimitabile carisma e stile. Noi stiamo sperperando e mortificando questo immenso tesoro che abbiamo ereditato. Dobbiamo tornare ad esserne degni! È inaccettabile che in Italia non si investa una parte consistente del PIL in cultura, L'Italia potrebbe vivere di cultura! Invece i modelli predominanti proposti - se non subliminalmente imposti - negli ultimi decenni sono stati altri, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il livello culturale medio nel paese è calato preoccupantemente. Non mi sfugge che ciò giova a una classe politica reazionaria e degenerata. Se siete qui unicamente per perpetrare questo modello, non è a Voi che mi rivolgo. A tutti gli altri invece dico: possiamo farcela! L'Italia può, e deve tornare ad essere, "il giardino d'Europa"; il faro culturale e meta ambita di viaggi estasiati, tra cibo, paesaggio, musica e arte. È un privilegio che solo noi nel mondo intero abbiamo, quello di dirci italiani. Da Bolzano a Siracusa dobbiamo riscoprire questo sano nazionalismo, non autoritario, ma coscientemente orgoglioso. Dobbiamo mettere in condizione i tanti ragazzi che sono andati all'estero per cercare un lavoro di ritornare qui con fiducia. Quando riusciremo a fare questo potremo dirci soddisfatti. E per fare tutto ciò non servono risorse straordinarie. Per fare tutto questo non c'è bisogno di chiedere il permesso a nessuna Istituzione estera o Fondo Monetario Internazionale. Basta la volontà politica. Se non lo facciamo siamo due volte colpevoli, perchè la riforma più grande e importante di cui l'Italia ha bisogno non costa nulla. È con fermezza e profonda fiducia nell'Italia, quindi, che Vi richiamo a un Nuovo Rinascimento, a un salto culturale. Dobbiamo superare però i nostri egoismi, e renderci conto che il bene comune - l'interesse comune - è l'unico duraturo e che davvero conta e gioverà ai nostri figli. Un patrimonio personale può essere dilapidato in un attimo, quello comune no. Bisogna ripartire allora dalla solidarietà, la partecipazione, che sono valori profondamente umani e di cui c'è più che mai bisogno. Bisogna ripartire dell'educazione scolastica, dalla ricerca. Ci sarebbe benessere abbastanza per tutti, se solo ci dessimo una opportunità tutti quanti di ricominciare, insieme.
Vorrei potervi guardare tutti negli occhi e chiamarvi tutti fratelli. Ma so che non è così. Infatti non Vi dirò però che sarò il Presidente di tutti. Non sarò il Presidente di chi vive la cosa pubblica come un'anomalia del privato o come terreno di conquista. Non sarò il Presidente di chi baratta i bisogni della gente con una poltrona di potere. Non sarò il Presidente di chi offende le Istituzioni dello Stato e la sua Unità. Non sarò il Presidente dei corrotti e dei corruttori. Non sarò il Presidente dei parassiti e dei mediocri. Sarò, invece, fiero Presidente dell'Italia che ha ancora una dignità e la schiena dritta, quella "fondata sul lavoro", la cui "sovranità appartiene al popolo".

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